Tag

, , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Immagine

Premessa:

E3 2009, Kojima Production rivela il suo nuovo progetto: “Metal Gear Solid: Rising”.

Uno spin off alla main saga, che avrebbe dovuto unire il genere stealth a quello action e, nel contempo, approfondire la storia di Raiden, protagonista del secondo capitolo della storica saga, nei giorni più drammatici e misteriosi della sua vita: Quelli in cui sarà trasformato nel badass ninja cyborg favorito dai fan, già visto in MGS4.

Quattro anni dopo ci becchiamo Metal Gear Rising: Revengeance semplice action sviluppato da Platinum Games in collaborazione con Koji Pro e improbabile sequel al capolavoro che è MGS4.

Cos’è andato storto?

Immagine

La lunga attesa:

Da fan di vecchia data della serie MGS, ho seguito lo sviluppo del gioco sin dal suo primo annuncio. In quegli anni, soddisfatto dopo i risultati ottenuti con MGS4, Kojima aveva affermato più di una volta di come intendesse lasciare spazio allo staff più giovane, assumendo egli stesso un ruolo più vicino a quello di supervisore del progetto.

Per tale ragione nei primi due anni di sviluppo, MGS: Rising fu curato da due colleghi del maestro: Mineshi Kimura (Designer e Direttore) e Shigenobu Matsuyama (Producer).

Dopo circa un annetto dal suo annuncio, fu rilasciato un trailer dov’era mostrato per la prima effettiva volta il gameplay del gioco, che lo stesso Matsuyama volle definire come “hunting stealth”.

Al tempo non potei che trovarmi d’accordo con quella definizione, perché diciamolo: Se si deve mantenere lo stealth in un gioco dove guidi un personaggio che può fermare una nave a mani nude, bisogna enfatizzare sui termini “Ninja” e “Caccia”.

Quindi ero lì, come molti altri fan, a immaginarmi Raiden appollaiato su un albero, attendendo il momento giusto per scattare, assalire e far svanire nel nulla un nemico ignaro della sua presenza.

Dopo quel trailer tuttavia, non ci fu altro che silenzio sul progetto.

I fan aspettarono per un intero anno e il gioco fu segretamente cancellato nel tardo 2010.

A molta gente sfuggì anche il fatto che Mastuyama (sostituito da Yuji Korekado) passò a un’altra sezione di Konami nel 2011, lontana dal team che sviluppava Rising.

A gioco uscito, è stato ripetuto più volte come lo staff di Koji Pro avesse difficoltà a realizzare decentemente il concetto di “Cut at Will” che avrebbe dovuto caratterizzare il gioco.

Ora non vorrei puntare il dito su nessuno (in realtà si), ma sarà davvero solo un caso che proprio quei due simpaticoni di Matsuyama e Kimura siano stati rispettivamente allontanati e degradati dallo sviluppo? Infatti, Kimura sarebbe stato poi sostituito da Kenji Saito nel ruolo di Director e si sarebbe occupato semplicemente delle sequenze CG.

In ogni caso Kojima, scontento dei risultati ma ostinato e maldisposto nel cancellare completamente il progetto, cercò segretamente l’aiuto dei Platinum Games, famosi per sviluppare action games con le proverbiali palle. Verso la fine del 2011, il gioco fu quindi completamente ricostruito sotto forma di reboot e ribattezzato come Metal Gear Rising: Revengeance, di lì a poco sarebbe stato rilasciato un nuovo trailer.

Il trailer non fu una botta di gioia per i fan di vecchia data.

Quello stesso Raiden serio e pacato visto in MGS4, ora recitava degli scadenti one-liners con un tono da maniaco e il tutto era circondato da un’aria corny e apparentemente degradante rispetto agli standard della saga main-stream. Il gioco non prometteva più un profondo e curato gameplay ibrido tra stealth e action, né tantomeno una trama troppo seria. Il fatto che si ambientasse in un post-MGS4 dalla dubbia canonicità non aiutava. Nonostante le molte lamentele, i giocatori vollero dare almeno un’occasione al titolo.

Nei successivi mesi, fino all’uscita del gioco, sarebbero stati rilasciati almeno altri due trailer fondamentali. Il primo dei due, intitolato “Make It Right” e accompagnato dalla canzone “Wrong” dei Depeche Mode, mostrava l’evoluzione del personaggio di Raiden nelle varie fasi della sua vita e molti footage di gameplay. Inutile dire che questo trailer fu parecchio apprezzato e riaccese l’interesse dei fan per il gioco.

Ora il secondo, diretto da Kojima in persona, non piacque più di tanto. Personalmente ricordo che dopo la visione di quel trailer in particolare, la prima cosa che mi saltò in mente fu qualcosa di simile a “Si vede che Kojima non la vede come una sua creatura, questo trailer non mi dice NULLA”.

Poco dopo fu rilasciato il gioco, che come al solito acquistai al day one. Quindi, nonostante tutto eccitato come un bimbo a natale, la sera del 21 Febbraio mi buttavo a capo fitto nell’alternativa avventura di Raiden. A mala pena il pomeriggio del 23 dello stesso mese, scrivevo su un paio di forum quanto disgustato fossi dalla breve durata di quel gioco che avevo aspettato per quasi quattro anni e di come il boss finale e il 90% dei dialoghi contenuti nel gioco fossero un insulto a quello che era il vero Metal Gear. Ora, quasi un anno più tardi, mi trovo sul mio blog ad affermare perché bisognerebbe dare almeno un’occasione a questo titolo che, tutto sommato, ho imparato a farmi piacere e senza dubbio a apprezzare.

 Immagine

Non sarà Solid, ma è pur sempre Metal Gear:

Uno dei dubbi più grandi che i fan espressero al “debutto” di Revengeance, si legava al fatto che il gioco fosse un sequel spin off a MGS4 e non più un prequel ambientato tra MGS2 e MGS4.

Chiunque abbia giocato al quarto sa il perché. Per chi non lo sa, basti sapere che MGS4 chiude praticamente l’intero filone narrativo della saga iniziato circa 25 anni fa. Il suo finale risponde a ogni domanda e lo fa perfettamente. Quindi chiunque abbia pensato a un MGS posto cronologicamente dopo il quarto capitolo ha sempre considerato solo una possibilità:

L’inizio di un nuovo filone narrativo.

Revengeance porta il nome di Metal Gear ma non quello di Solid, proprio perché Kojima non ha voluto rischiare di attirare cattiva reputazione sulla “main saga”, né di precludersi un eventuale sequel più “ufficiale”, con uno spin off che lui stesso considerava probabilmente pericoloso.

Nonostante questo però, MGR condivide ogni evento accaduto nei capitoli principali della saga,

così come possiede il suo tipico humour e tratta argomenti già toccati precedentemente.

Per tale motivo, il gioco potrebbe benissimo essere considerato canonico. Kojima Production è sempre stata molto vaga al riguardo e il fanbase si è scisso su chi considera questo spin off come un sequel canonico non principale e su chi invece ne nega la canonicità con la mainstream con fervore.

Personalmente credo che MGR vada visto come una sorta di “What if…”, come una di quelle storie Marvel intitolata “Che cosa sarebbe successo se Spider Man avesse tenuto il simbionte?”.

Questo esempio può calzare a pennello con Rising, proprio grazie alla sua dubbia canonicità.

C’è chi può vederlo come un sequel improbabile agli eventi del quarto capitolo, così come c’è chi può vederlo come una storia ambientata in un universo parallelo.

In entrambi i casi, un giocatore non dovrebbe giudicare il titolo dalla sua posizione canonica con il resto del franchise da cui proviene e così non faremo.

 Immagine

Platinum Games al salvataggio:

Come detto, per salvare lo sviluppo di Rising, Kojima ha fatto affidamento alla software house giapponese di Platium Games, famosa per titoli quali Bayonetta, Mad World e simili.

PG ha risolto il problema del “Cut at Will” con la “Omni-Blade”, una sorta di “bullet time” con la spada che permette di rallentare il tempo in-game e di tagliare tutto ciò che ti si para davanti.

L’OB è utilizzabile anche per recuperare energia e vita, strappando le batterie custodite dai cyborg nemici, secondo il concetto di “Zan-Datsu”, taglia e prendi.

Tutto questo però, al costo di trasformare il gioco in un puro action, lasciando al giocatore poca scelta su come agire per avanzare, così limitando lo stealth al minimo indispensabile in qualche sessione e in generale rivoluzionando il gameplay pensato inizialmente.

Poco da dire sul gameplay action di MGR: è frenetico, è divertente e sicuramente appagante.

L’unico problema iniziale può derivare dal sistema di parata, che consiste nel puntare la levetta del  joystick al tempo corretto contro il nemico, mentre quest’ultimo ti sta attaccando.

Richiede un po’ di pratica e non piace a tutti, ma per il resto l’azione è molto fluida e le boss battle decisamente spettacolari. Il gioco fa anche largo uso dei quick time events.

 

E questo dovrebbe essere il pezzo più mediocre dell’intera soundtrack.

L’energetica colonna sonora di Jamie Christopherson:

Se c’è una cosa più che azzeccata in questo videogioco, è senza dubbio la colonna sonora ideata dal composer Jaime Christopherson. Le musiche si sposano benissimo ai vecchi ritmi della saga Solid nei momenti di tranquillità e di avanzata verso il nemico, per poi esplodere in un frenetico progressive rock quando quest’ultimo ci attacca. I migliori pezzi sono senza dubbio quelli suonati e cantati durante le boss battle i cui testi, noterete, narrano la storia o la personalità dell’individuo che stiamo affrontando. Il risultato è una serie delle canzoni più orecchiabili che potrete ascoltare in un action. Voglio inoltre dar credito a Jamie, per non aver utilizzato la main theme per cui è famosa la saga, ma averla sostituita con un’altra traccia chiave. È un buon modo di evidenziare le differenze tra i due filoni e in un certo senso per identificare le nuove avventure di Raiden con qualcosa di nuovo. Se il rumor sul sequel di MGR è vero, spero riutilizzeranno proprio quella stessa main theme.

 Immagine

Una sceneggiatura da prendere alla leggera:

La trama di MGR non è delle più forti o curate.

Se inizia bene, si perde dopo quello che dovrebbe essere il prologo, o poco più in là.

Non ci sono momenti particolarmente memorabili per il protagonista (a parte forse giusto uno) e la breve longevità del gioco fa si che il giocatore si trovi quasi insoddisfatto allo scorrere dei crediti.

Inoltre, il fatto che il filone narrativo di questo gioco sia autoconclusivo non aiuta troppo.

Il cast è senza dubbio discutibile. Dal cast di supporto a quello principale ci son un po’ di cose che semplicemente fanno storcere il naso ai più…Forse perché i personaggi sono mediocri? Forse perché non hanno personalità dominanti come quelle che hanno reso la saga storica? Nessuna di queste due ragioni. Il problema risiede probabilmente nei dialoghi. Chiunque gli abbia curati, non è riuscito a svenderli. Ogni volta che un personaggio apre la bocca, c’è un monologo poco apprezzabile o una battuta scadente in arrivo. Questo non è sempre il caso, in realtà ci sono anche degli ottimi scambi nel corso del gioco che possono lasciare piacevolmente soddisfatti, ma per il resto tutto sarà circondato da un’atmosfera corny e piena di cliché degni di un B movie dagli anni 80, che semplicemente non permettono al giocatore di godersi il resto della sceneggiatura.

Raiden stesso, nonostante sia doppiato ancora una volta da Quinton Flynn (cosa di cui sono molto grato), contribuisce spesso e volentieri alle sopra citate problematiche.

Un personaggio con il suo potenziale, ma sfruttato male, è senza dubbio Wolf, il mastino robotico che accompagnerà Raiden per gran parte del gioco. Wolf dovrebbe rappresentare la tipica intelligenza artificiale, consapevole del suo status di macchina abusata dall’uomo, pronta a prendere nelle sue mani (o nelle zampe) la sua esistenza. Purtroppo, Wolf non riuscirà a svolgere quel ruolo al meglio, forse proprio perché la maggior parte dei dialoghi dove le sue motivazioni sono chiarite, sono presenti solamente nelle conversazioni codec. Se non altro lui e Raiden regalano un buon fattore nostalgia ai fan di Kyashan, ragazzo androide.

E poi c’è lui… Il senatore Armstrong. No comment su chi sia costui; finite il gioco e divertitevi.

Se in un primo momento ho indicato questo personaggio come l’insulto più grave che potesse essere mai stato fatto alla serie di Hideo Kojima, a distanza di mesi devo ammettere che ho imparato ad amare ciò che la caratterizzazione di questo personaggio ha da offrire, se vista con occhi diversi da quelli di un fan sfegatato della serie. È così Politically Incorrect che è difficile odiarlo.

 Immagine

In conclusione:

Metal Gear Rising: Revengeance è un ottimo action, tuttavia non privo di difetti e imperfezioni evidenti. Il fatto che condivida la timeline di MGS, senza fare parte della mainstream direttamente, riesce a far si che il gioco vada ad occupare un piccolo spazio anche nel cuore del fan di vecchia data più accanito, mentre riesce a conquistare senza troppe difficoltà chiunque tenti un primo approccio alla serie di Hideo Kojima.

Trama e dialoghi avrebbero avuto bisogno di una piccola dose di lavoro in più, ma i risultati arrivano a essere più che sufficienti. Per chiunque non sia soddisfatto della longevità del gioco in sé, è possibile buttarsi in una lunga serie di VR missions, o di tentare la caccia ai trofei, le cui richieste potrebbero regalare sfide davvero impegnative anche al più abile dei giocatori. Le varie skins, armi e parrucche sbloccabili (tutte con i loro effetti extra in-game) danno un senso maggiore alla rigiocabilità del titolo.

Nulla da dire sulla grafica, che è stata curata con lo stesso motore grafico di MGS4 utilizzato al massimo delle sue capacità con risultati ottimali).

Kojima ha già espresso il suo interesse per un eventuale sequel alle avventure di Raiden, ha anche lasciato aperta la possibilità di andare a rispolverare il concept iniziale del gioco, affermando tuttavia che in quel caso avrebbe dovuto riassumere un ruolo da direttore.

Questo nuovo filone narrativo non è privo del suo potenziale e si spera solamente che Kojima Production possa imparare dai suoi errori e dal lavoro dei Platinum Games, per un eventuale MGR2.

Voto Finale:

 Immagine