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SE GUARDERAI A LUNGO NELL’ABISSO, ANCHE L’ABISSO VORRA’ GUARDARE IN TE

Dal momento in cui la parola “reboot” viene utilizzata per sancire il riavvio di un franchise, è naturale aspettarsi che i lavori successivi tendano a proporre scelte di game design aliene o plot fin troppo estranei a quelli dei capitoli principali.

Imbarcarsi in questa nuova avventura con in mente i classicismi tipici della serie di Castlevania è quanto di più sbagliato si possa fare nei confronti del lavoro di MercurySteam. Qui non c’è il castello di Dracula, non c’è l’ambientazione coesa e vasta di Symphony of the Night, non ci sono ragazzotti androgini e il suffisso Belmont non sta ad indicare l’appartenenza ad una stirpe di ammazza-vampiri. Ciò che rimane è un titolo di ben più ampio respiro, non più asfissiato dalle mura e i corridoi della residenza vampiresca, non più tratteggiato attorno ad un filone narrativo ormai stantio.

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Gabriel Belmont, cavaliere della Confraternita della Luce, ha da poco perduto l’amata moglie Marie per mano degli stessi Signori Oscuri che stanno annerendo un’umanità sprovvista di Dio. Messo al corrente di una profezia secondo la quale un guerriero dal cuore puro rivendicherà il potere dei Signori Oscuri e salverà il mondo, Gabriel si metterà in viaggio alla ricerca degli assassini di Marie, spinto più dal desiderio di vendetta che dal senso del dovere.

Benché l’incipit di Lords of Shadow sia scontato e benché la trama non faccia proprie tematiche particolarmente profonde, il susseguirsi di personaggi affascinanti ed ammirevoli colpi di scena saprà condurci di capitolo in capitolo verso un finale a dir poco eccellente.

Gabriel è un protagonista capace di azioni inaspettate e sorprendenti, tragico quanto basta per farci provare empatia nei suoi confronti, ma azzoppato da una caratterizzazione… per così dire… “monca”.

Più volte nel corso della vicenda si accennerà all’oscurità intrinseca in Gabriel, al suo cieco bisogno di vendetta, salvo poi vederlo esternarsi in casi fin troppo rari. Presagendo come sarebbe stata la già ottima sceneggiatura con un protagonista ancor più caratterizzato, il sapore amarognolo che pervade le papille è un po’ difficile da mandar via.

UNA CROCE NEL CUORE 

Il gameplay di Lords of Shadow è derivativo. Lo si evince fin dai primi istanti, in cui fustigare nemici con la Croce da Combattimento (versione aggiornata della Vampire Killer) non saprà allontanare il sentore di star giocando con una sorta di Kratos in versione gotica, anche se sprovvisto della stessa brutalità. Attacchi diretti e ad area possono venir combinati al fine di orchestrare le sorti di un combat system in verità tattico ed impegnativo. Converrà molto presto saper schivare i colpi più potenti, omettere l’esecuzione di combo troppo stazionarie, e ribaltare i ritmi dello scontro dopo un blocco andato a segno. Così come indugiare sulla parata del nemico non farà altro che esortare un suo feroce contrattacco, il button smashing è quanto di più deleterio possa accompagnare il giocatore: il rischio è di morire, o comunque di sacrificare salute e risorse importanti.

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Al vasto layout di mosse offerto dalla croce di Gabriel, si aggiungono armi secondarie quali pugnali da lancio o fiaschette d’acqua santa, reliquie come un guanto con cui sferrare pugni micidiali e le magie di luce ed ombra. Trattasi di due status a cui sottoporre l’agguerrito protagonista, in un caso ci vedranno recuperare salute ad ogni colpo andato a segno, in un altro ad incremetare notevolmente il potere d’attacco. Le magie garantiscono accesso a tecniche inedite e permettono di potenziare l’efficienza di alcune armi secondarie. Là dove la magia dell’ombra consentirà il lancio di pugnali infuocati, la magia della luce investirà Gabriel di una barriera magica qualora utilizzasse le fiaschette d’acqua santa.

Ad entrambe le magie corrisponde una barra, il cui riempimento avverrà tramite l’acquisizione delle cosìdette “sfere di energia neutrale”. Inanellare combo su combo, evitando di farsi colpire, condurrà al suo apice una terza barra, quella della Concentrazione, e consentirà l’apparizione delle sfere ad ogni colpo inferto ai nemici. Un sistema di assorbimento automatico avrebbe sopperito all’infelice pressione degli analogici del pad, che tende spesso a frammentare il ritmo dei combattimenti.

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Non solo di battaglie è composto il titolo MercurySteam. La Croce da Combattimento, oltre che un’arma, è una risorsa utile al fine di progredire in un level design ora più complesso, ora più lineare. Tramite gli upgrades ad essa associati, vedremo il nostro Gabriel inerpicarsi su superfici impervie, sradicare componenti dello scenario, dondolare da un appiglio all’altro o attivare meccanismi, il tutto in favore delle fasi platform e degli enigmi. Non c’è molto da dire sulle prime, se non che svolgono il proprio lavoro senza che affiorino grossi difetti ma anche senza offrire particolari coreografie o momenti interessanti. Altro discorso per gli enigmi, molti dei quali basati sul classico direzionamento di specchi e fonti di luce: ce ne sono parecchi, ricoprono più di un terzo dell’avventura e alcuni risultano davvero ben congegnati.

Bizzarra la possibilità di “sbloccare” la soluzione degli enigmi rinunciando alla loro ricompensa in punti esperienza, il cui dispendio garantirà uno spettro di potenziamento più o meno elevato per ogni caratteristica offensiva.

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Trattasi più di una citazione a Shadow of the Colossus che di un’implementazione vera e propria, determinate sessioni di Lords of Shadow ci vedranno impegnati nello scalare giganteschi avversari alla ricerca dei loro punti deboli. Causa un sistema di arrampicata poco profondo e un modus operandi tedioso e ripetitivo, simili frangenti non riescono a offrire la giusta dose di epicità o divertimento. Meglio le boss fight comuni, impegnative e tattiche quanto il resto dei combattimenti più “contenuti”.

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Sopravvive anche un accenno di esplorazione. I tredici capitoli che compongono l’avventura sono composti a loro volta da un numero variabile di atti in cui procacciarsi bonus per salute, magie e armi secondarie setacciando biforcazioni e stanze segrete, molte delle quali accessibili solo dopo aver ottenuto l’adeguato potenziamento. Non aspettatevi la stessa profondità che permeava le scorribande di Symphony of the Night: l’esplorazione in Lords of Shadow è poco più di un orpello sprovvisto del benché minimo senso di scoperta, atto più ad incrementare la già elevata longevità.

Altra caratteristica offerta dal backtracking risiede nelle Prove, veri e propri obiettivi secondari (sbloccabili al termine di un livello) il cui completamento si tradurrà in un maggior ammontare di punti esperienza. La natura delle Prove è molto variegata, spaziando dallo sconfiggere un boss in un dato tempo limite al non curarsi tramite la magia e molto altro ancora.

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LOOK AT HIM: SO DARK, SO BEAUTIFUL

Pur con qualche accenno di banalità nel bestiario, Lords of Shadow mette in campo un art design in stile gotico di tutto rispetto. Ambientazioni variegate e ricchissime di particolari fanno da sfondo a creature e personaggi modellati con maestria, impreziositi da una qualità grafica che ancor oggi, tramite gustose scelte cromatiche e textures in alta risoluzione, sa affascinare e delle volte stupire.

Un vero peccato che non sia possibile ammirare a fondo le ambientazioni causa l’infelice presenza di una telecamera fissa, comunque molto pratica durante i combattimenti.

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Sul fronte sonoro abbiamo un cast di doppiatori anglosassoni davvero azzeccato. La voce di Gabriel è senza ombra di dubbio perfetta ma non da meno lo sono i comprimari, con un Patrick Stewart eccezionalmente calato nei panni del Confratello Zobek, uno dei personaggi più importanti dell’intera sceneggiatura.

Le musiche rispecchiano la sacralità e i toni epici insiti nel contesto, con alcuni brani più che meritevoli del vostro ascolto.

VERDETTO

Ma dunque? Abbiamo parlato a lungo di Lords of Shadow cercando di non tralasciare niente, evidenziandone il valore artistico e la qualità della trama. Ma il gameplay?

Ho avuto modo di giocare Lords of Shadow a lungo, ho avuto modo di riconoscere la sua mancanza di difetti di game design e ho avuto modo di capire come il gioco non possedesse nulla che invogliasse la progressione, nulla che stupisse: situazioni già vissute, poco o per nulla originali, nessun senso della scoperta, nessun atto davvero memorabile.

Lords of Shadow è senza ombra di dubbio l’action game dalla miglior trama a cui abbia mai giocato ma chiunque sia in cerca di un’esperienza più densa e, sopratutto, originale, farebbe meglio a guardare altrove.

Ciò non mette in discussione che ‘sto gioco sia la cosa migliore accaduta a Castlevania da Symphony of the Night.

PRO:

– Combat system tattico e impegnativo

– Longevo

– Trama avvincente e personaggi affascinanti

CONTRO:

– Ludicamente parlando, nulla di davvero memorabile, esaltante o originale.

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