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Il mercato dei FPS e dei TPS è un mercato saturo. Un mercato dove viene glorificata la supremazia dell’americano contro le forze del male… Russe, Islamiche, Asiatiche che siano… Insomma, è l’universo degli eroi “senza macchia e senza paura”. Ma la realtà è ben diversa, e nel 2012, Yager Development, developer situato in Germania, offre il suo punto di vista al riguardo, resuscitando dopo 10 anni la serie Spec Ops, portando ai giocatori di tutto il mondo, doni e carbone.

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Dubai sotto la pelle

Spec Ops: The Line, si introduce al giocatore in maniera piuttosto classica, facendo pensare di trovarsi davanti all’ennesimo TPS senza troppi fronzoli. Dubai è stata isolata dal mondo a causa di una serie di enormi tempeste di sabbia, ed in seguito alla ricezione di una richiesta di soccorso, un team, composto dal Capitano Walker ed i suoi compari Adams e Lugo viene spedito in loco per effetturare delle ricerche. Insomma, nulla di anomalo. Se non fosse che dopo relativamente poco tempo, le carte in tavola si ribaltano completamente, ed il gruppo sarà costretto ad affrontare i loro stessi connazionali in una lotta alla sopravvivenza. Parlarne ulteriormente sarebbe un crimine, ma basti sapere che il gioco riesce a portare il giocatore a riflettere su ciò che sta accadendo a schermo, in una spirale infinita di dubbi, domande e dilemmi, che culmina nella definizione del concetto di “Eroe”. Tramite un po’ d’ispirazione a Heart of Darkness e un po’ d’infrazione della quarta parete, Spec Ops: The Line entra sotto la pelle, tenendo sempre il giocatore all’erta e incapace di indovinare cosa succederà in seguito, ma lasciando comunque spazio perché possa compiere le sue scelte. Oltre alla già citata somiglianza con Heart of Darkness (e prodotti derivati come ad esempio Apocalypse Now), il problema principale di Spec Ops: The Line sta proprio nelle scelte lasciate al giocatore. Escludendo le scelte che determineranno il finale, tutte le altre sono cosiddette “Scelte di Sophie”, che comportano si un risultato immediato, ma non cambiano nulla nel grande insieme degli eventi.

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Semplice, ma efficace

Spec Ops: The Line è un Team Based TPS. Escludendo uno sparuto utilizzo dell’ambientazione come mezzo per eliminare i nemici, come l’utilizzo della sabbia per sommergere i nemici o l’arrivo di tempeste di sabbia improvvise (in fondo, siamo in una Dubai ricoperta di sabbia), bombole di gas, ecc… È piuttosto spartano. Coperture, schivate, corse sotto i proiettili ed esecuzioni su nemici moribondi sono presenti come in ogni altro PS esistente, indi non c’è nulla che faccia certo urlare al miracolo. È possibile dare dei comandi agli altri membri del team, e son tutti riuniti sotto un unico tasto, ma il gioco gestisce in maniera automatica la distinzione tra i comandi presenti in maniera piuttosto intelligente. La difficoltà è ben calibrata, tendente al realismo. Sono spariti i “super soldati” di serie più blasonate. Se tirate fuori la testa da dietro un muro ed un proiettile vagante vi arriva in testa, siete morti. Una granata vi esplode troppo vicino? Siete morti. E via dicendo. Questo comporta un utilizzo delle protezioni ambientali e delle risorse a disposizone piuttosto oculato, spingendo a preferire approcci Stealth quando possibile. È presente anche una modalità Multiplayer, ma chi vi scrive l’ha provata per poco tempo, ed è anche in questo caso, un’inversione della norma. Non abbiamo una campagna Singleplayer “montata” alla meno peggio in funzione del Multiplayer, ma abbiamo una modalità Multiplayer inserita perché “ce l’hanno tutti”. Non era necessaria, ma è sempre un’aggiunta in più.

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Luccicante e Orecchiabile

Il gioco si presenta, almeno su PC, in maniera eccellente. C’è un enorme lavoro stilistico dietro ad ogni livello, volto a creare un’atmosfera allo stesso tempo opprimente, ma non monotona o monocromatica. Si passa da esterni ricchi di sabbia all’interno di lussuosi locali, per passare in zone sotterranee che richiamano vecchie catacombe e nascondigli. I modelli poligonali sono di pregevole fattura e l’aspetto fisico dei personaggi si rispecchierà su di loro nel progresso dell’avventura. L’illuminazione e ottimale e nonostante alcuni piccoli difetti qui e là, il gioco riesce a trasmettere l’atmosfera del gioco, condendo il tutto con numerosi e dettagliati artwork che accompagnano le schermate di caricamento.

Sul fronte musicale il gioco è più che capace di difendersi senza problemi. Ad un doppiaggio di qualità, s’accompagna una colonna sonora composta da brani ambientali che rispecchiano perfettamente le location che attraverseremo a numerosi brani su licenza che, anche in questo caso, riporteranno alla mente altri capolavori come Apocalypse Now.

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Dubai è lontana da casa

Chi vi scrive, per completare il gioco ha impiegato circa 11 ore, giocando alla difficoltà “Suicide Mission” cercando di esplorare il più possibile (il gioco è lineare, ma ci sono piccoli anfratti e vari metodi di completare diverse zone), guardando tutti i finali e raccogliendo più collezionabili possibili. Ad una difficoltà più bassa, è probabile che il gioco richieda meno tempo, direi attorno alle 8-9 ore scarse. Un monte ore accettabile, e sicuramente, seppur non subito, la possibilità di voler fare una nuova partita è dietro l’angolo. Il Multiplayer potrebbe fornire una buona aggiunta a livello di ore, ma personalmente non l’ho nemmeno sfiorato.

 

Trauma Videoludico

Spec Ops: The Line è stato un bel “Trauma”. Ma in senso buono, positivo. Dimostra che c’è ancora spazio, negli FPS/TPS moderni per un plot coeso, accattivante e profondo. Se si unisce una solida base narrativa ad un buon comparto ludico e ad nu eccellente struttura tecnica, è facile notare come questo gioco sia “quasi perfetto”. Non è certo un nuovo messia, ma è un faro di speranza per la narrativa ludica sul fronte della guerra.

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