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A distanza di poco più di due mesi dal rilascio sul mercato del terzo capitolo della serie targata CD Projekt, recensisco il sequel al primo The Witcher:

The Witcher 2 Assassins of Kings.

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Dov’eravamo rimasti

La narrazione di Assassins of Kings si apre pochi mesi più tardi dagli eventi narrati nel primo The Witcher. Il protagonista, Geralt di Rivia, avendo salvato la vita del monarca Foltest in più di un’occasione, vive da qualche mese alla corte del re, sempre in compagnia dell’affascinante strega sua amante, Triss Merigold. Giocando al prologo del gioco scopriremo come il nostro eroe sia arrivato ad essere accusato di regicidio, crimine di cui è innocente a differenza del misterioso Regicida, un uomo enorme e dalla grossa muscolatura, che Geralt deciderà immediatamente d’inseguire per pulire il proprio nome. Grazie a Vernon Roche (capo delle forze speciali di Foltest), Geralt avrà occasione d’iniziare la sua caccia.

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Una prevedibile transizione

Una tipica tendenza nel gaming di oggi, è quella che vede la transizione di titoli che partono come RPG, acquisire un approccio sempre più Action. In Giappone ci sono spesso stati episodi simili, mentre in Occidente i casi più recenti possono essere riscontrati tra le IP di Bioware.

The Witcher non è differente. Come analizzato nella sua recensione, nel primo capitolo trovavamo la possibilità di giocare con visuale isometrica, ingaggiare un avversario in battaglia significava semplicemente indicare (tramite mouse) chi attaccare, cliccando con le giuste tempistiche sull’indicatore per sfoderare le potenti combo di Geralt, mentre il resto delle azioni del Witcher (come le parate) erano condizionate semplicemente dallo sviluppo del personaggio e delle sue abilità passive. In breve il gioco, specie nel suo battle system, emanava un feeling prevalentemente à la RPG.

Quanto al sequel, la transizione verso un approccio decisamente più Action è palese. Tutte le azioni di Geralt saranno dirette dal giocatore, che si tratti di schivare, parare, distanziarsi dal nemico, contrattaccare e così via dicendo. Le combo non saranno più condizionate dal sistema ritmico di “punta e clicca” del primo capitolo, bensì da un più classico spam dei tasti d’attacco, che saranno divisi in attacco forte e attacco veloce (rispettando quindi a metà, la suddivisione dei tre stili di combattimento presenti nel predecessore). Tornano anche i Segni (le magie a disposizione), la possibilità di creare pozioni e bombe e si aggiunge quella di utilizzare trappole e coltelli da lancio, per ottenere un vantaggio contro i nemici presenti nel gioco.

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Imparare dai propri errori

Uno dei difetti più evidenti nel primo The Witcher, era proprio la bassa difficoltà offerta dal titolo. Il battle sytem eccessivamente semplice e la debole IA nemica, rendeva il gioco un po’ troppo scorrevole (per quanto godibile). The Witcher 2 impara dagli errori del capitolo precedente e anche ad un livello intermedio, il gioco offrirà sin dal primo capitolo buone sfide. In particolare, a inizio gioco potremmo spesso essere sopraffatti in numero dai mostri cacciati e andare incontro a innumerevoli game over, se le azioni eseguite durante la battaglia non saranno ben ponderate. Il battle system di The Witcher 2 è stato costruito appunto in modo da far sì che il giocatore debba considerare quando sia indicato attaccare e quando sia, invece, necessario mantenere le proprie distanze dagli avversari. Pozioni e alchimia acquisiscono maggiore importanza in questo capitolo, poiché assumere una pozione rigenerante come “Rondine” o un antidoto contro un mostro velenoso prima della battaglia, potrà davvero fare la differenza. Con un giusto sviluppo del personaggio e delle sue abilità (specie dei segni Quen e Aard), questo alto tasso di sfida andrà un po’ a perdersi con l’avanzare del gioco (decisamente di meno, se staremo giocando in modalità “Oscura”, la più difficile presente nel gioco), ma è un bene scoprire che a CD Projekt, i developers imparino dai propri errori.

Stesso discorso dicasi per la personalizzazione del nostro Witcher, che in Assassins of Kings potrà indossare svariate armature e forgiare spade, mantenendo la possibilità di potenziare entrambe.

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Uno strano passo indietro è invece rappresentato dalla nuova mappa. Quella semplice e funzionale del primo The Witcher, che godeva anche della possibilità di scegliere una destinazione (che sarebbe poi stata indicata in game), è sostituita da una sorta di mappamondo, che più che aiutarci nell’esplorazione finirà proprio per confonderci.

 

La Spada del Destino ha due lame

Assassins of Kings conta un prologo e tre capitoli, oltre a due possibili percorsi narrativi. Il gioco è quindi relativamente più corto del suo predecessore (che contava cinque atti, un prologo e un epilogo) e offre minore rigiocabilità (considerando che i percorsi narrativi erano tre). Il primo capitolo e il prologo di TW2 saranno per lo più uguali sia durante la prima partita, sia durante la seconda. La scelta caratterizzante che ci permetterà di seguire un percorso o un altro, avverrà alla fine del primo capitolo. Scegliere il percorso narrativo A, ci permetterà d’assistere a eventi completamente differenti da quelli che osserveremo scegliendo il percorso narrativo B; tuttavia entrambi culmineranno con lo stesso “showdown” a fine gioco.

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Concludendo

The Witcher 2: Assassins of Kings è un degno sequel al capitolo di debutto della serie. Chi scrive, ammette di aver apprezzato leggermente di più il primo titolo (specie grazie alla narrativa, leggermente più intrigante e all’approccio più RPG), ma non può far a meno di consigliarvi anche il suo sequel, che non mancherà d’intrattenere e divertire per una buona settimana e anche di più. Nota di rammarico, una colonna sonora del tutto anonima.

 Voto Finale:

6